E tu hai il coraggio della condivisione?


Eh sì, parliamo di condivisione.

Qualche settimana fa sono stata in Irlanda a trovare Marti che sta facendo l’esperienza dell’Erasmus. I primi giorni li abbiamo passati a Cork, in una regione a Sud dell’isola. Mentre ci trovavamo lì, una sera, uscite da un’imponente chiesa dalle guglie svettanti verso il cielo, Marti spezza in due una baguette e me ne offre una metà. È un gesto piccolo ma che per un istante infinito mi ha fatto gustare con tutta me stessa la dimensione della comunione: comunione tra me e lei, tra me e questo mondo, tra me e quel tempo di pienezza che ho vissuto, tra me e la mia storia che mi ha portato ad essere là in quel momento, tra me e quel luogo, il sagrato di una chiesa, che so che sarà sempre scenario di un bellissimo ricordo. Nel condividere il pane, il nostro stare insieme si è trasformato in “compagnia” nel senso letterale del termine “cum-panis” ovvero partecipi dello stesso pane.

Creare compagnia con qualcuno significa scegliere di non presentarti all’altro come individualità chiusa e a sé stante, ma come parte attiva di un processo di congiunzione tra la tua e l’altrui vita. Per visualizzare bene questo concetto, secondo me aiuta un sacco la matematica ed in particolare l’insiemistica: dall’incontro-scontro tra due insiemi si origina una terza parte, l’intersezione, che non contiene la somma dei due insiemi ma le loro parti in comune. L’intersezione è dunque la zona della condivisione che si crea dalla libera scelta di mettersi in gioco, a disposizione dell’altro, di donare qualcosa di te, di lasciare che una parte di te esca dalla tua sfera di potere e diventi influenzabile e modificabile da chi ti sta vicino. Condividere vuol dire permettere a te stesso per una volta di non avere il controllo su tutto. E tutti abbiamo questa mania di controllo!! Non vorremmo mai avere incognite e non ci rendiamo conto che così facendo chiudiamo tante porte in faccia a tante possibilità. Qualcuno diceva che una scelta vera ha sempre qualcosa di incognito in sé. Beh, credo sia vero.

Condividere è aggiungere variabili alla vita e questo a volte può essere anche doloroso. Di fronte a questa dura verità mi piace pensare all’incontro mio e di Marti con la signora che per due notti ci ha ospitato facendoci dormire nel suo letto mentre lei ha dormito sul divano. Alla domanda dei suoi compaesani “Ma perché lo fai? Non hai paura che le persone ti rubino qualcosa?”, lei ha risposto “Ma io non ho niente da perdere, quello che ho lo metto a disposizione e finora mi è sempre andata bene” (questa signora nel giro di 3 anni ha ospitato 56 persone diverse provenienti da 24 nazionalità diverse). Che semplice e grande saggezza in poche parole!

E allora mi chiedo: da quando l’“umano” fa così paura? Non è che abbiamo troppo da perdere?
Auguro a tutti un anno ricco di intersezioni e di zone comuni, case comuni, spazi comuni e cuori in comunione perché tutti possano vivere la gioia della condivisione.

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