Chi ci salva la vita
Un pomeriggio ho chiesto
ai miei ragazzi: per chi e per cosa vivete?
Ci sono domande che pur
nella loro semplicità e sinteticità sanno aprire voragini dentro il cuore
lasciando interdetti e senza risposte immediate. Di queste domande se ne
trovano tante nella Bibbia: nel giardino dell’Eden, Adamo, spogliato dal
peccato, si sente dire: «Dove sei?»[1], nel Nuovo Testamento Gesù
chiede ad alcuni che vorrebbero seguirlo: «Che cosa cercate?»[2] e in un’altra occasione domanda
ad un cieco dalla nascita: «Che cosa vuoi che io faccia per te?»[3]. Cosa pensare di fronte a
tanta profondità? Sempre più mi convinco che per una vita di senso non siano
fondamentali solo delle buone risposte ma anche delle domande giuste al momento
giusto.
Penso che le domande possano
nascere solo dall’incontro e dallo scontro con l’Altro. È per questo che solo
l’altro può salvarci la vita. Il bambino che mi sorride e mi chiede aiuto per
sfilare la sciarpa dalla manica del giubbotto; Alice che un mercoledì sera si
offre con gioia di allungare la strada e riportarmi a casa dopo una riunione; Francesca
che mi chiede di trascorrere due giorni insieme per godere di un tempo di
silenzio e condivisione; quel gruppo di ragazze della mensa che sprigionano
vita e gioia; la bidella di quella scuola elementare che con orgoglio mi
racconta che a volte si diverte a fare dei piccoli scherzetti ai bimbi: «Un
giorno ho annodato tutte le maniche dei giubbotti del corridoio, uno a uno»
(mentre me lo racconta muore dalle risate), due bimbe che con grande entusiasmo
fanno finta di saper far volare due fogli posizionandoli sul getto di aria
calda del calorifero; Ila che prepara la moka alla sera così alla mattina io “devo
solo accendere”; quell’insieme di creature affascinanti che etichettiamo con la
parola “disabili” che direttamente o indirettamente mi prendono per mano e mi
conducono sulla buona strada; un’amica e sorella che annuncia «con timore e
gioia grande»[4]
la nuova vita; gli adulti che mi hanno adottato e che mi trattano come una
figlia; Conny, un vero pianista grazie al quale ho imparato l’arte del “salvarsi
a vicenda”.
La verità è che nemmeno
io saprei rispondere con chiarezza alla domanda sui grandi perché. Ma sento che
la ricerca di una risposta mi permette di guardare la quotidianità e gli
incontri con occhi diversi. Che cos’è dunque quest’ora, questa giornata,
questa vita se non l’interminabile verificarsi della possibilità di essere
salvati e di salvare? Forse allora ai miei ragazzi direi che è per questo
che vivo nei miei momenti migliori: per poter vedere, toccare e stare nelle
infinite storie di salvezza offerta e ricevuta in questo tempo prezioso che mi
è dato di dominare.
Grazie ai tanti salvatori
e salvatrici di questo bello e variopinto mondo.



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