Il calcio di Michele Trombetta

Con Michi, alle elementari, giocavamo nel suo garage. A turno uno di noi si metteva “in porta” e l’altro calciava la palla più forte che poteva. A volte succedeva di rompere un vaso da fiori o di spaccare qualcosa e allora, prima di rientrare, bisognava dirlo alla Paola, quella santa di sua mamma che, dopo aver mostrato per un attimo una faccia scocciata, sentendo le nostre scuse ridicole si addolciva sempre in una bella risata. Alle medie, insieme all’Enri, organizzavamo la formazione della classe per i tornei della scuola ed eravamo arrivati a crearne una immaginaria anche con i nostri insegnanti: entro il sabato si buttavano giù gli undici ufficiali e il lunedì pubblicavamo la telecronaca scritta. I prof. si divertivano molto. Insomma, il calcio non solo ci appassionava ma contribuiva, passaggio dopo passaggio, a costruire la nostra amicizia che continua ancora oggi dopo più di vent’anni.

Ora vedo il mio caro amico sui giornali, sui social, il suo nome è comparso su uno striscione allo stadio, addirittura un mio alunno qualche giorno fa, entrando in campo per una partitella di fine scuola ha detto: “Se faccio goal, faccio la trombetta!”. Che stupore nei suoi occhi quando gli ho detto che siamo amici! Gli ho anche promesso che l’anno prossimo magari organizzerò un incontro in classe. Sì, perché desidero che Michele non sia solo un bagliore passeggero ma che continui, con sempre più forza, ad essere esempio e modello di un modo di vivere la vita e il suo sport: il calcio. In lui queste due dimensioni vanno a braccetto, non esiste l’una senza l’altra in modo tale da delineare perfettamente il profilo di un ragazzo che fa del gusto della sfida e del mettersi alla prova i primi obiettivi del suo essere atleta.

Il calcio è uno sport amatissimo, assai seguito in tutto il mondo e da persone di tutte le età. Ed è innegabile che molti adolescenti sognano di diventare calciatori o anche solo di incontrare il proprio idolo calcistico. Al calcio viene data tanta visibilità, si pensi alla dimensione degli stadi e al moltiplicarsi di piattaforme a pagamento per seguire i diversi campionati. Attorno al calcio ruotano innumerevoli interessi economici, contratti, sponsor, posti di lavoro; roba insomma da far spostare quantità di capitali non indifferenti. Il calcio, poi, come d’altronde ogni sport, ha un ruolo sociale fondamentale poiché ha la grande capacità di creare aggregazione, spirito di gruppo e senso di appartenenza.

Arriviamo dunque all’origine della parola “sport” che, in quanto abbreviazione del termine francese “desport”, significa proprio svago, divertimento. Non credo che Michi conosca questa etimologia, quello che io so è che, pur non sapendolo, sono sicura che lui da sempre metta in pratica tale significato, puro e schietto. Il calcio di Michele è un calcio lontano dalle risse, dalle offese e dalle bestemmie, un calcio in cui non si cercano sempre strategie nuove per ridurre il tempo di gioco quando, a pochi minuti dal triplice fischio, il risultato è favorevole. Il calcio di Michele non è fatto di falli invisibili, di proteste, di tentativi continui di mettere in discussione l’autorità, arbitro o allenatore che sia. 

Il calcio di Michele è un calcio costituito intanto da un continuo e serio allenamento che cerca di intrecciare in maniera equilibrata con il lavoro e la vita privata, poi da un senso di responsabilità nei confronti dei più giovani della squadra e da un’incrollabile ricerca di chiarezza e trasparenza con i tanti dirigenti e allenatori con cui ha avuto a che fare. E poi sul campo: il calcio di Michi è fatto di strette di mano, di pollici in su, di concentrazione, di desiderio di crederci fino in fondo in misura tale da colmare anche chi non ci riesce, di sacrificio e, infine, come forse ora il mondo intero ha visto, anche di tanta tanta bravura. 

Quando andavamo a scuola, Michi voleva prendere i miei stessi voti nei temi, io ammiravo il suo modo di giocare bene divertendosi. Ora ho lasciato che le nostre due passioni, sempre legate l’una all’altra, raccontassero dello sport vero, quello che esalta le qualità senza aver bisogno di umiliare o ferire gli altri per primeggiare, lo sport che educa a fare il bene fatto bene, lo sport che protegge la salute e difende la mente dai pensieri tristi e dalle situazioni difficili della vita, lo sport che insegna la cooperazione e il dominio di sé per un bene più grande.

Eh già, ti sei girato alla grande Michi. Grazie per il tuo bel calcio.


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